Alessandro ha 27 anni, si presenta per una sintomatologia ossessivo compulsiva di grado moderato, caratterizzata da ossessioni di tipo aggressivo che rendono difficile l’esposizione a certi contesti relazionali.
Racconta che quando si trova in metropolitana, spesso viene assalito dall’immagine di se stesso che spinge altre persone sotto il treno in arrivo. Quando sta scendendo dall’autobus ha l’impulso di spingere violentemente le persone davanti fino a farle cadere, e quando si trova in famiglia, teme di poter colpire i genitori nel momento in cui gli voltano le spalle. Descrive questi fenomeni mentali come molto angosciosi e di sentirsi una persona ignobile per il solo fatto di arrivare a pensare certe cose. Piange e si dispera. In un momento di calma riacciuffa la consapevolezza di non avere la volontà di recar danno a queste persone, ma poco dopo è di nuovo pervaso dall’idea di perdere il controllo delle proprie azioni: “Del resto …. se arrivo a pensare così allora potrei essere capace di farlo”.
Quando gli è possibile evita le situazioni e le persone con cui si potrebbero attivare questi pensieri, ma ultimamente ha iniziato a disertare le lezioni universitarie e ha rinunciato a sostenere due esami. Intollerabile la vicinanza coi colleghi di corso, ancora più difficile interfacciarsi col professore. Riconosce che le ossessioni sono più disturbanti nei momenti di forte stress emotivo, e più gestibili nei periodi di calma.
Il Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC) è un quadro clinico caratterizzato dalla presenza di ossessioni che innescano ansia intensa (o senso di colpa e disgusto) e, generalmente, ma non sempre, spingono la persona ad attuare compulsioni mentali o comportamentali.
Di solito usiamo il termine ossessione, fissazione o preoccupazione, per indicare un pensiero che si presenta con una certa insistenza nella nostra mente; c’è però una differenza tra il significato colloquiale del termine e quello clinico.
E’ normale, infatti, avere occasionalmente per la testa dei pensieri che ci tormentano. A chi non è capitato di provare il timore di perdere il controllo della macchina; o di arrivare in ufficio e avere il dubbio di non aver chiuso bene la porta di casa; o ancora di entrare in un locale per consumare un pasto e temere di contaminarsi con certi cibi.
Se per qualsiasi motivo questo pensiero viene percepito come il segnale di un pericolo reale da evitare a ogni costo, e l’ansia che ne scaturisce diviene intollerabile, ne deriverà certamente una reazione volta a scongiurarlo. È proprio questo meccanismo che trasforma la normale preoccupazione in un pensiero ossessivo, che tende a tornare ripetutamente e a provocare un’ansia crescente. E ogni volta che la preoccupazione si ripresenta sentiremo un impulso ancora più forte a trovare un modo per tranquillizzarci (compulsione mentale o comportamentale, o richiesta di rassicurazione). Il sollievo che ne deriva costituisce un potente rinforzo, che rende la strategia adottata sempre più automatica e indispensabile, generando un processo involontario di apprendimento. Accade poi che per un effetto di generalizzazione, le situazioni che innescano la comparsa dell’ossessione e la spinta alla compulsione diventano sempre più svariate e lontane dallo stimolo originario.
La differenza tra le preoccupazioni eccessive e le ossessioni in senso clinico è, dunque, soltanto di ordine quantitativo e ricorsivo, piuttosto che di contenuto. Le ossessioni, infatti, presentano una maggior frequenza, suscitano reazioni emotive più intense e più difficili da tollerare, durano per tempi più lunghi.
Il Manuale Statistico e Diagnostico dei Disturbi Mentali del 2013 (DSM-5) definisce le ossessioni come:
1. pensieri (ad esempio di contaminazione), immagini (ad esempio, scene violente) o impulsi (ad esempio, strangolare qualcuno) intrusivi, ripetitivi e persistenti, che causano ansia intensa o disagio (disgusto o senso di colpa) importante. A volte il disagio provato è descritto come una sgradevole “sensazione che c’è qualcosa che non va” (o “not just right experience”). Questi fenomeni mentali sono percepiti come disturbanti ed incontrollabili da chi li sperimenta.
2. la persona cerca di ignorare o sopprimere le ossessioni (ad esempio, distraendosi), o di neutralizzarle con altri pensieri o azioni (ad esempio, mettendo in atto una compulsione).
Il contenuto di questi pensieri, immagini o impulsi può variare da persona a persona. In linea generale è stato possibile identificare i seguenti tipi:
-ossessioni di contaminazione: pensieri o immagini relativi al dubbio di essere entrato in contatto con sostanze contaminanti o disgustose, di solito seguiti da rituali di lavaggio;
-ossessioni superstiziose: pensieri o immagini relativi a eventi catastrofici che possono accadere a se o ad altri se non si eseguono certi rituali;
-ossessioni di danno: pensieri o immagini riguardanti il possibile danno a sé o ad altri causato dalle proprie disattenzioni, solitamente seguiti da rituali di controllo;
-ossessioni aggressive: pensieri, immagini o impulsi di far del male ad altre persone pur non volendolo;
-ossessioni autolesive: pensieri, immagini o impulsi di far del male a se stessi, pur non desiderandolo;
-ossessioni di omosessualità: pensieri, immagini o impulsi sessuali che innescano nella persona eterosessuale il dubbio di poter essere omosessuale latente;
-ossessioni di relazione: pensieri, immagini o impulsi sessuali verso altre persone che innescano dubbi sull’adeguatezza della propria relazione o del proprio partner;
-ossessioni sessuali e di pedofilia: pensieri, immagini o impulsi rivolti nei confronti di bambini;
-ossessioni blasfeme: pensieri, immagini o impulsi blasfemi, ad esempio bestemmiare in un luogo sacro.
La ricerca scientifica ha individuato alcune peculiarità dei processi cognitivi di chi soffre di DOC.
Alcuni di questi riguardano un eccessivo senso di responsabilità. Salkovskis, ad esempio, sottolinea che solo se la persona mette in relazione l’evento temuto con una propria responsabilità, questo diventa critico per l’innesco del dubbio ossessivo. Quando l’ossessione si innesca la persona tende ad:
-attribuire un’importanza eccessiva al pensiero
-sovrastimare la possibilità di controllarlo
-sovrastimare la pericolosità dell’emozione associata.
Tra gli studiosi italiani, Mancini ha fornito un utilissima analisi dei sentimenti di colpa associati al tema della responsabilità. Distingue tra colpa deontologica e colpa altruistica. La prima si associa alla violazione da parte del paziente DOC dei principi etici e morali per lui fondamentali. La seconda, attiene alla dimensione interpersonale; si accompagna a comportamenti egoistici che provocano sofferenza ad altre persone e attivano il desiderio di farsi perdonare attraverso azioni riparatrici.
Un’altra emozione centrale nel funzionamento del DOC è il disgusto. Anche in questo caso la ricerca ha permesso di identificarne due tipologie: il disgusto legato alla dimensione somatosensoriale (odori, sapori, sostanze) e il disgusto interpersonale, sovrapponibile all’emozione di disprezzo verso se stessi. Alcune persone che soffrono di un DOC considerano se stesse degne se perfette e moralmente ineccepibili, indegne se imperfette e responsabili di atti immorali. Pensieri o immagini intrusive immorali scatenano il timore che tutti vengano a conoscenza di ciò che d’indicibile e di orribile è stato commesso. La reazione temuta è di condanna sociale, disprezzo e rifiuto.
Tutti questi elementi spiegano in parte perché la persona con DOC considera pericolose e intollerabili le ossessioni, e fa di tutto per scongiurarne o neutralizzarne l’effetto ricorrendo alle compulsioni.
Le compulsioni sono definite come:
1. comportamenti ripetitivi (ad esempio, lavarsi le mani, controllare se lo sportello della macchina è stato chiuso, riordinare) o azioni mentali (es. contare, pregare, ripetere formule superstiziose), che la persona si sente obbligata a mettere in atto in risposta a un’ossessione e secondo regole rigide che non possono essere infrante. L’infrazione anche minima di una di queste regole porta, in genere, allo scoppio di una crisi e obbligano la persona a ripetere nuovamente il rituale daccapo;
2. i comportamenti o le azioni mentali sono finalizzati a ridurre l’ansia o il disagio procurato dalle ossessioni; tuttavia, queste compulsioni o non sono collegate in modo realistico all’evento temuto o sono chiaramente eccessive. Non sono mai agite per piacere. E anche se le persone traggono sollievo dall’ansia quando le attuano, questo sollievo dura poco tempo.
La ricerca condotta in questi anni in ambito cognitivo comportamentale ha prodotto una cospicua
-evitare un danno temuto per se o per gli altri (harm avoidance)
-evitare o alleviare emozioni di disgusto (disgust avoidance)
-evitare o alleviare la sensazione che “non tutto sia a posto” (not just right experience avoidance).
Si stima che almeno l’80% dei pazienti con DOC ha ossessioni e compulsioni, meno del 20% ha solo ossessioni o solo compulsioni.
Il grado di consapevolezza (o insight) della natura patologica del proprio disturbo è piuttosto variabile da persona a persona. Alcune hanno un insight buono e riconoscono che le proprie ossessioni e compulsioni sono eccessive e insensate (ad esempio, riconoscono che la casa non può allagarsi se non controllano i rubinetti 40 volte). Altre persone hanno un insight scarso pur riconoscendo il proprio comportamento come eccessivo non avvertono le proprie paure come irrealistiche (per cui ad esempio, credono che la casa probabilmente si allagherà se i rubinetti non vengono controllati 40 volte); e una piccola minoranza (il 4% omeno) hanno un insight assente, al punto che le loro ossessioni hanno la forma di convinzioni deliranti (cioè, ritengono che la casa si allagherà se i rubinetti non vengono ricontrollati 40 volte). Questa differenza è probabilmente legata ai diversi livelli di ansia attivata dalle ossessioni e dal grado di cronicità del disturbo stesso.
Chi soffre di un Disturbo Ossessivo Compulsivo è spesso così spaventato e stremato dai continui rituali che cerca di evitare le situazioni che potrebbero innescarle. L’evitamento ottiene però lo stesso effetto negativo delle compulsioni e delle richieste di rassicurazione. Esso non consente mai di rendersi conto che le ossessioni sono infondate ed eccessive. La persona si convince che niente di quello che teme accade grazie al fatto che evita le situazioni soggettivamente percepite come pericolose.
D’altra parte è molto difficile riuscire a esporsi alla situazione e decidere attivamente di non farsi venire in mente le ossessioni. È vero che noi abbiamo un parziale controllo dei nostri pensieri, ma soltanto a posteriori. Se infatti certi pensieri sono intollerabili e ci sforziamo di non averli, involontariamente li richiamiamo alla nostra mente. Chi ha un DOC, resta spesso intrappolato in questo meccanismo di controllo delle ossessioni e di evitamento delle situazioni stimolo. Ma è una battaglia persa in partenza. La regola fondamentale è: evitare di evitare!
Il modo in cui i familiari reagiscono ai sintomi può influire sul disturbo. Comprensione, supporto e incoraggiamento per ogni tentativo riuscito di resistere al disturbo possono contribuire a margini di miglioramento. D’altra parte, critiche, rimproveri e mortificazione possono far acuire i sintomi. Il rifiuto improvviso dei familiari a partecipare ai rituali, senza il consenso della persona, può peggiorare la situazione.
In generale, possiamo osservare che un atteggiamento oppositivo dei propri cari incide inevitabilmente sui livelli generali di ansia, rendendo più difficile per la persona resistere alle ossessioni e alle compulsioni. Questo però, è anche il momento in cui capisce di non poter più gestire il suo problema in autonomia e chiede aiuto terapeutico.
Il DOC è un disturbo che dal punto di vista personale può avere gravi conseguenze in termini di realizzazione esistenziale: poiché di solito colpisce in giovane età, rischia di compromettere il corso di studi, la possibilità di lavorare, la normale vita di relazione. Nei casi più gravi, le persone possono passare talmente tante ore al giorno a fare dei rituali che non riescono più a svolgere alcuna attività lavorativa o la realizzano in modo discontinuo. Il 50 % dei pazienti non riesce a stabilizzare o a mantenere un rapporto con un partner.
Spesso, l’impatto della sintomatologia nella vita della persona è tale da favorire lo sviluppo di altri disturbi come il Disturbo da Attacchi di Panico, il Disturbo d’Ansia Generalizzata o la Depressione Maggiore.
Classificazione
La diversa natura delle ossessioni e delle compulsioni giustifica la distinzione tra diversi sottotipi del Disturbo Ossessivo Compulsivo. Questi diversi sottotipi possono poi presentarsi in momenti diversi della vita della persona, oppure contemporaneamente. Si distingue tra:
Washers/Cleaners: è caratterizzato dalla presenza di ossessioni e di rituali particolareggiati di lavaggio (o sterilizzazione) che vengono scatenati dal contatto – o anche solo dall’idea di poter essere entrati in contatto – con agenti potenzialmente contaminanti, come:
-lo sporco oggettivo
-escrementi o secrezioni organiche (urine, feci, sangue sudore)
-solventi, detersivi o prodotti per il corpo
-lo sporco di natura sociale (es. il tossicodipendente, l’anziano o il barbone) o metafisica (es. il male, il diavolo, le negatività).
Il timore di queste persone è che, venendo in contatto con queste sostanzae, possano ammalarsi gravemente, morire o contagiare qualcun altro. Alcune volte, non vi è l’idea di malattia ma soltanto un forte senso di disgusto. Tendenzialmente la persona evita una serie di luoghi: bagni e giardini pubblici, cassonetti dell’immondizia, supermercati, stazioni ferroviarie, ospedali, ecc.
Checkers: è caratterizzato dall’idea infondata di aver causato o di poter causare gravi catastrofi (colpa da responsabilità); o di non aver fatto il possibile per evitare che accadessero (colpa da omissione). Le compulsioni in questo caso riguardano comportamenti preventivi (ad esempio, controllare di aver chiuso gli infissi di casa, le portiere della macchina, i rubinetti del gas e dell’acqua); oppure, possono consistere nel verificare di non aver causato un danno (ad esempio, quando si guida l’auto tornare indietro, o controllare dallo specchietto retrovisore di non aver investito qualcuno involontariamente). Queste compulsioni coinvolgono spesso i familiari che, pur riconoscendo l’irragionevolezza delle richieste, agiscono i rituali o parti di esso cedendo alle incessanti richieste di rassicurazione.
Ordering: la persona non tollera assolutamente che gli oggetti siano posti in modo disordinato o asimmetrico. Quando questa condizione si verifica esperisce una sensazione interna molto sgradevole che si allevia dopo lunghi rituali di controllo e di messa in ordine. Oggetti personali, vestiti o arredamento vengono ordinati secondo una sequenza logica (es. dimensione, colore, ecc.).
Hoarding disorder: è caratterizzato dalla tendenza a conservare e accumulare oggetti insignificanti e inservibili (mozziconi di sigarette, riviste e giornali vecchi, bottiglie vuote, confezioni di alimenti). Chi ne soffre non ha pensieri ossessivi particolari, ma nel momento in cui si chiede loro di gettar via qualcosa faticano enormemente.
A differenza di quanto accade negli altri sottotipi, nel DOC da accumulo la persona appare poco critica verso i propri rituali. L’attuale Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali classifica questa problematica come distinta dal vero e proprio DOC definendola Disturbo da Accumulo.
Tipo superstizioso: questo sottotipo è caratterizzato da un pensiero superstizioso esacerbato. La persona ritiene che il fare o non fare determinate azioni (ad esempio, pronunciare o meno alcune parole, vedere o non vedere certe cose) possa condizionare il corso degli eventi. Ad esempio, se la persona vede passare un gatto nero mentre compie chiude il portone di casa, deve riaprire e chiudere il portone un numero preciso di volte affinché questo rituale neutralizzi il rischio che accada qualcosa di negativo a se stesso o ai propri cari.
Tipo da ossessioni pure: in questo sottotipo sono assenti le compulsioni e prevalgono pensieri o immagini mentali in cui la persona attua comportamenti pericolosi oppure socialmente sconvenienti. La persona può trascorrere delle ore a rimuginare su queste scene, con estenuanti domande e messe alla prova della propria integrità morale. Tra le ossessioni pure troviamo:
-il timore di fare del male a se stessi o agli altri (ad esempio, si può avere paura di maneggiare oggetti appuntiti, di passare vicino alle finestre, di avvelenare il cibo di altre persone, di fare del male ai dei bambini piccoli o a degli animali);
-immagini di scene violente (ad esempio, visioni di omicidi);
-il timore di dire cose oscene o compiere atti sacrileghi e imbarazzanti
-il timore di rendersi responsabili di gravi eventi (ad esempio incendi);
-timori di tipo sessuale (ad esempio, il dubbio pedofili o omosessuali).
L’esordio, la prevalenza e il decorso
Il Disturbo Ossessivo Compulsivo esordisce solitamente intorno ai 14 anni di età. Negli ultimi anni si è osservato un aumento di casi nei bambini, con sintomi praticamente sovrapponibili a quelli degli adulti. Un esordio dopo i 35 anni è piuttosto insolito, ma può verificarsi, soprattutto in conseguenza di eventi di vita stressanti.
Il DSM-5 indica che la prevalenza annuale del DOC è dell’1,1-1,8%. Le donne mostrano un tasso leggermente superiore agli uomini in età adulta, anche se questi ultimi sviluppano più frequentemente il disturbo in età infantile.
L’insorgenza dei sintomi è solitamente graduale e insidiosa e, inizialmente, causa solo una modesta sofferenza. Segue poi un decorso cronico e ingravescente che riduce progressivamente le capacità di realizzazione esistenziale della persona. A volte le persone riferiscono con precisione il momento in cui i sintomi sono comparsi per la prima volta: in questi casi è evidente che il disturbo ha avuto inizio in modo improvviso, spesso in seguito a un evento stressante. Tuttavia, la forma di esordio acuto resta meno frequente.
Spesso il decorso è complicato dalla co-presenza di altri disturbi (disturbi d’ansia, dell’umore, disturbo di personalità) e quando non trattato può delinearsi in almeno quattro modalità:
-decorso episodico:la sintomatologia si presenta in modo acuto solo in alcuni momenti della vita della persona;
-decorso cronico fluttuante: la sintomatologia va incontro a oscillazioni nel tempo, con miglioramenti e peggioramenti, senza mai scomparire del tutto;
-decorso cronico stabile: i sintomi insorgono gradualmente, mantenendosi poi stabili nel tempo;
-decorso cronico ingravescente: è il più grave ma anche il più comune. La sintomatologia si presenta in modo insidioso e graduale, e periodi di stabilità si alternano ad altri di peggioramento.
Le cause
Non esistono, ad oggi, prove scientifiche sufficientemente robuste sulle cause del Disturbo Ossessivo Compulsivo. Nel corso dei decenni sono state formulate varie ipotesi, più o meno attendibili, che si orientano sul ruolo di diversi fattori bio-psico-sociali nella genesi del disturbo.
Auspichiamo che il progresso nella ricerca scientifica proceda facendo maggiore chiarezza. I dati ad oggi disponibili permettono di sostenere che fattori temperamentali e ambientali slatentizzano un predisposizione genetica:
-fattori genetici e fisiologici: studi eseguiti sui gemelli omozigoti ed eterozigoti hanno messo in evidenza il ruolo della predisposizione genetica nella patogenesi del DOC. Si è visto inoltre che i familiari di primo grado degli adulti con DOC hanno un rischio di sviluppare il disturbo dalle 3 alle 12 volte superiore rispetto alla popolazione generale.
Alcune ricerche sui correlati neurobiologici sostengono che la sintomatologia del DOC sia correlata con una disregolazione di alcuni sistemi neurotrasmettitoriali, in particolare del sistema serotoninergico, che causerebbe una diminuzione della serotonina in specifiche aree cerebrali. Studi approfonditi di neuroimaging hanno inoltre rilevato disfunzioni a carico della corteccia orbito-frontale, la corteccia cingolata anteriore e lo striato.
-fattori ambientali: eventi stressanti o traumatici sono stati associati a un aumentato rischio di sviluppo del DOC. La ricerca mette in evidenza, infatti, come le persone presentino più frequentemente dei pensieri intrusivi in situazioni di forte stress.
-fattori temperamentali: dal punto di vista strettamente psicologico, esistono evidenze del fatto che alcune caratteristiche di personalità possono predisporre allo sviluppo di pensieri intrusivi indesiderati; tra queste vi sono: l’alta sensibilità alla minaccia o al pericolo, coscienziosità e senso di responsabilità marcati, emotività negativa e inibizione comportamentale in età infantile.
Anche un uno stile educativo particolarmente severo forte, improntato alla regola morale e con punizioni sproporzionate e/o difficilmente prevedibili, è un elemento che generalmente si trova nella storia delle persone che soffrono del DOC; si tratta di aspetti educativi che molto probabilmente favoriscono l’esagerata responsabilità e la sensibilità alla colpa.
La valutazione
Il Disturbo Ossessivo Compulsivo richiede trattamenti specifici, ben misurati sulle caratteristiche del paziente, a volte prolungati nel tempo. Per questo una valutazione iniziale accurata rappresenta momento prezioso per chi richiede il nostro intervento.
La valutazione del DOC deve comprendere:
-valutazione psicodiagnostica: si avvale dell’impiego di una batteria di questionari auto ed etero somministrati;
-valutazione clinica: comprende l’analisi della qualità e della quantità dei sintomi (ossessioni e compulsioni) attuali, dell’esordio e del decorso del disturbo; include la valutazione dell’impatto che il disturbo ha sul funzionamento sociale, lavorativo e affettivo della persona;
-valutazione cognitiva e comportamentale: indaga le preoccupazioni ossessive e gli stimoli scatenanti, il timore ossessivo centrale e l’evento finale temuto, le emozioni provate e i comportamenti messi in atto (rituali, evita menti, ricerca di rassicurazioni);
-valutazione personologica: consiste nella raccolta di informazioni relative alla storia di vita personale e familiare, nella ricostruzione dello stile interpersonale e delle quantità e qualità delle relazioni.
La cura
Chi soffre di un DOC ha spesso alle spalle una lunga serie di trattamenti falliti ed è perciò scettico e demoralizzato sulle possibilità di cambiamento. Risvegliare in loro la fiducia è quindi il punto di partenza di un percorso di cura.
Questo solitamente prevede il ricorso ai farmaci nelle forme lievi e moderate – che non abbiano tratto giovamento da adeguati interventi psicoterapeutici – e nelle forme severe di malattia.
È sempre preferibile l’integrazione con la Terapia Cognitivo Comportamentale; infatti, se da una parte il farmaco agevola il percorso psicologico attenuando l’intensità del sintomo, dall’altra la psicoterapia migliora l’aderenza alle prescrizioni mediche, con un conseguente aumento dei tassi di risposta e riduzione delle ricadute.
La Psicoterapia Cognitivo Comportamentale
Attualmente, la psicoterapia cognitivo-comportamentale è indicata dalle linee guida internazionali come la più efficace per la cura del Disturbo Ossessivo Compulsivo.
Essa mira a risolvere la sintomatologia e i fattori di mantenimento del disturbo nel breve termine e, più a lungo termine, a rendere la persona meno vulnerabile ai temi che hanno scatenato il DOC.
Il lavoro è organizzato secondo alcune fasi, che ovviamente non vengono applicate in modo rigido:
-formulazione di un contratto terapeutico, che contiene le regole del setting terapeutico e gli obiettivi terapeutici a medio e lungo termini;
-psicoeducazione, consiste nel fornire informazioni sul disturbo e sui meccanismi che lo mantengono e lo generano e lo alimentano.
L’esperienza clinica insegna che, in questa fase, può essere particolarmente utile incontrare anche i familiari in presenza del paziente. A loro verrà spiegato il funzionamento del disturbo, motivandoli così:
• a non arrabbiarsi col loro congiunto
• a non fare gli aiutanti
• a sostenere il paziente negli esercizi comportamentali
-trattamento cognitivo: mediante l’impiego di tecniche cognitive il terapeuta stimola l’accettazione non giudicante degli eventi mentali (Mindfulness e ACT); contribuisce al riconoscimento e al cambiamento dei fattori che mantengono il disturbo; quando all’origine della sintomatologia vi sono esperienze disturbanti traumatiche, in questa fase può utile il ricorso all’EMDR (Desensibilizzazione e Rielaborazione mediante Movimenti Oculari);
-trattamento comportamentale: la ERP (Esposizione e Prevenzione della Risposta) è la tecnica comportamentale elettiva nel trattamento del DOC.
L’esposizione consiste nel mettere la persona ripetutamente in contatto con lo stimolo che elicita l’ossessione e il rituale. La ripetizione dell’esposizione deve essere condotta in modo estremamente graduale e tollerabile per la persona, seguendo una scaletta di stimoli crescenti.
La prevenzione della risposta consiste nel bloccare i rituali o le richieste di rassicurazione che normalmente servono ad alleviare il disagio causato dall’ossessione. Il rituale viene bloccato per un tempo di volta in volta crescente fino a estinguere il comportamento.
-prevenzione delle ricadute;
-trattamento della vulnerabilità sottostante il disturbo;
-programmazione di incontri di sostegno a intervalli di 2-3 mesi per mantenere quanto appreso durante la terapia.
Farmacoterapia
Tutte le linee guida (APA, CANMAT, NICE) concordano sull’uso in prima linea degli SSRI (Inibitori della Ricaptazione della Serotonina), in particolare le maggiori evidenze di efficacia sono a favore di: Fluoxetina, Fluvoxamina, Paroxetina, Sertralina.
Questi farmaci agiscono principalmente inibendo la ricaptazione neuronale della serotonina presente nelle sinapsi, aumentandone così le concentrazioni a livello cerebrale.
Questo comporta, solitamente dopo 12 settimane, un miglioramento della sintomatologia ossessiva e compulsiva, con una riduzione dell’ansia e del senso di tensione associati.
Gli effetti collaterali più frequenti sono: ansia, agitazione e insonnia (per contrastare i quali possono essere associate benzodiazepine nelle prime 2 settimane di terapia), sintomi gastrointestinali e cefalea.
E’ molto importante avvisare il Medico circa tutte le terapie in atto, visto il rischio di Sindrome Serotoninergica, legata all’incremento dei livelli di serotonina (sintomi gastrointestinali, sensazione di calore, sudorazione, alterazioni anche severe del sensorio).
E’ inoltre necessario concordare una graduale riduzione del trattamento al fine di evitare la Sindrome da Sospensione, caratterizzata da: sintomi simil influenzali, insonnia, irrequietezza, parestesie.
Dal momento in cui non ci dovesse essere una risposta adeguata agli SSRI, si può optare per altri antidepressivi, quali i triciclici e in particolare la Clomipramina. Questi farmaci presentano un’efficacia pari a quella degli SSRI, ma in genere non vengono usati in prima battuta vista la minore tollerabilità, dovuta al loro complesso meccanismo d’azione che prevede non solo un aumento delle concentrazioni di serotonina, noradrenalina e dopamina, ma anche il blocco dei recettori adrenergici α2, istaminergici H1 e dei recettori muscarinici dell’acetilcolina.
In alternativa alcune linee guida propongono l’uso della Venlafaxina (un SNRI che aumenta le concentrazioni sia di serotonina che di noradrenalina) o della Mirtazapina (che grazie al blocco dei recettori α2 e all’antagonismo sui recettori 5HT2A potenzia l’azione noradrenergica, ma soprattutto quella serotoninergica).
Se la monoterapia non fosse sufficiente è possibile ricorrere ad un trattamento aggiuntivo con antipsicotici a basse dosi. Si utilizzano preferibilmente gli antipsicotici di seconda generazione visto il migliore profilo di tollerabilità (ad es. Risperidone, Aripiprazolo e Quetiapina) o in alternativa, soprattutto in presenza di comorbidità con tic, un antipsicotico di prima generazione come l’Aloperidolo.
Nei casi più resistenti si può ricorrere anche a combinazioni tra antidepressivi o alla Clomipramina per via endovenosa.
Il ricovero
In alcuni casi può essere utile un ricovero in strutture specializzate dove, grazie al monitoraggio quotidiano di un’equipe, è possibile lavorare sulla sintomatologia per ridurne la gravità e agevolare la prosecuzione del percorso in regime ambulatoriale.
Questa soluzione può essere particolarmente utile nei casi di DOC resistente al trattamento (psicoterapeutico e farmacologico), per chi è a rischio di suicidio, o ancora per chi ha situazioni familiari particolarmente complesse.
Un trattamento ben organizzato in regime di ricovero deve presentare le seguenti caratteristiche:
• trattamento farmacologico intensivo;
• trattamento cognitivo-comportamentale intensivo (con una frequenza di almeno due a settimana);
• impiego quotidiano degli esercizi ERP sotto la supervisione di figure preposte;
• psicoeducazione ai familiari;
• intervento di prevenzione della ricaduta;
• incontri di follow-up dopo la dimissione.
Riferimenti
Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali. DSM-5. APA (2014). Raffaello Cortina Editore.
I protocolli clinici della terapia cognitivo-comportamentale. Carmelo La Mela (2016). Maddali e Bruni.
La mente ossessiva. Curare il Disturbo Ossessivo-Compulsivo. F.Mancini (2016). Milano: Raffaello Cortina Editore.
Letture consigliate
Vincere le Ossessioni. G. Melli. Eclipsi
Il chiodo fisso. Come comprendere e sopravvivere alle ossessioni. S.Dorz, C.Novara, E. Sanavio. Editore: Angeli (1999)
Avrò chiuso la porta di casa? S.Fricke, I.Hande. Edizioni Erickson (2007).
Il ragazzo che si lavava in continuazione ed altri disturbi ossessivi. J.L. Rapoport. Editore: Bollati Boringhieri (1994)
Il cervello bloccato. Come liberarsi del disturbo ossessivo compulsivo. J.M. Schwarz Editore: Longanesi (1997)
Toc. Nathalie Ours. Editore Salani (2008)
Ansia e Paure. Comprenderle, affrontarle e dominarle. I.M. Marks. Editore: Mc Graw Hill (2002)
La mente ossessiva. Curare il Disturbo Ossessivo Compulsivo. F.Mancini. Raffaello Cortina Editore (2016).
Film consigliati
Qualcosa è cambiato, 1997 – di J.L. Brooks
Tutte le manie di Bob – What about Bob?, 1991 – di Frank Oz
Detective Monk, 2002 – di Andy Zisk e Jerry Levine
Siti Internet consigliati
IPSICO – Istituto di Psicologia e Psicoterapia Comportamentale e Cognitiva: https://www.ipsico.it/sintomi-cura/disturbo-ossessivo-compulsivo/
ATC-SPC – Scuole di Specializzazione in Psicoterpia Cognitiva: https://www.apc.it/disturbi/adulto/disturbo-ossessivo-compulsivo/il-doc-comprensione-e-trattamento/