Sebastiano è un ragazzo di 24 anni che da circa 9 mesi lavora come impiegato in un ufficio pubblico. Vive uno stato di forte disagio quando si trova in presenza dei colleghi che aumenta quando deve interfacciarsi con l’utenza dell’ufficio nelle ore di apertura al pubblico. Racconta: “Mi sento una corda di violino per tutto il giorno. Temo in qualsiasi momento che i colleghi mi invitino a prendere un caffè, perché non saprei di cosa parlare o di poter fare una pessima figura versandomi addosso il caffè perché mi sento impacciato in quei momenti. Per le stesse ragioni aperitivi e cene dopo il lavoro. Il malessere aumenta quando sono allo sportello e devo interagire con persone mai viste prime, peraltro sempre imbufalite, chiedono risposte nell’immediato e io mi sento rallentato dall’ansia che non mi fa pensare e rispondere prontamente”. E ancora, “Ultimamente mi sono dato per malato evitando le riunione d’ufficio. Avevo troppa paura di essere interpellato dal capo e di dover parlare davanti a tutti”.
Sebastiano racconta che è il timore di essere giudicato “goffo” a impedirgli di vivere con spontaneità queste circostanze. Aggiunge: “Non riesco nemmeno ad entrare in un’edicola e comprare un giornale perché ho paura di balbettare. Mi ripeto a memoria la frase da ripetere all’edicolante ma è talmente mortificante tutto questo che più spesso ci rinuncio”.
Quando affrontiamo una nuova situazione sociale ci può capitare di sentire l’ansia anticipatoria e, quando ci troviamo nel vivo della situazione l’imbarazzo e il timore di poter essere sotto esame. Ma poi iniziano le prime chiacchiere e il ghiaccio si scioglie. A poco a poco l’attenzione si sposta dalla sensazione di tensione fisica ai contenuti delle conversazioni. I timori si dissolvono e a fare da padrona è ora una sensazione di agio. Al termine della situazione ci allontaniamo soddisfatti e le volte successive tenderemo a preoccuparcene meno.
Questo stato d’animo, così transitorio, non rappresenta un problema di natura clinica. Quando però l’ansia è così intensa che la persona rinuncia alle occasioni sociali o quando, non potendole evitare, esperisce un’ansia paralizzante siamo di fronte a una condizione clinicamente importante chiamata Fobia Sociale.
Secondo il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5) la caratteristica principale di questo disturbo è proprio un’ansia acuta e pervasiva – accompagnata da attivazione neurovegetativa – esperita in una situazione d’interazione sociale (ad esempio, incontrare persone sconosciute o entrare in una sala dove ci sono altre persone già sedute) e/o di performance (ad esempio, mangiare o scrivere di fronte agli altri). In queste situazioni prevale il timore di ricevere un giudizio negativo.
Chi ne soffre ha un forte desiderio di trasmettere agli altri un’impressione favorevole di sé. Ma il perseguimento di questo scopo è ostacolato:
a) da un lato, dalla tendenza a sovrastimare la probabilità e la gravità (il costo) delle conseguenze negative dell’eventuale giudizio sfavorevole;
b) e da un altro lato, dalla tendenza a sottostimare le proprie competenze sociali.
Così la persona è invariabilmente pervasa dal timore di dare una cattiva impressione di sé, di agire in modo inadeguato e socialmente inaccettabile, ed è convinta che il suo comportamento ansioso avrà conseguenze catastrofiche in termini di rifiuto sociale e di autostima.
Solitamente, l’ansia entra in gioco sia prima di esporsi alla situazione sociale (ansia anticipatoria) che durante questa, fino a scomparire del tutto al termine dell’esposizione.
Il periodo di ansia anticipatoria può essere molto variabile come durata, anche per diversi giorni prima, ma appare sempre caratterizzato da pensieri catastrofici e allarmistici.
Quando l’ansia si presenta nei diversi momenti (prima e durante l’esposizione) veste le sue tipiche manifestazioni sintomatologiche. Per citarne alcune:
-palpitazioni
-tremori
-sudori
-tensione muscolare
-nausea
-secchezza delle fauci
-vampate di calore
-mal di testa
e può raggiungere un’intensità tale da assumere la forma dell’attacco di panico vero e proprio, ostacolando realmente la persona nello svolgimento dei suoi compiti. L’avverarsi di ciò che si teme di più, l’insuccesso, causa ulteriore imbarazzo e vergogna con tutto il corredo delle reazioni caratteristiche:
-rossore in viso
-postura del corpo eccessivamente rigida o dimessa
-desiderio di sfuggire allo sguardo degli altri o di “sprofondare”
-parlare a voce troppo bassa
Il momento successivo all’esposizione è solitamente permeato da un logorante ripasso mentale della situazione vissuta, alla ricerca delle prove incontrovertibili della propria inadeguatezza. Ed è in questo particolare stato mentale che è ancora più probabile che la persona abbia immagini di disapprovazione, derisione, rifiuto o pena degli altri provando, a volte, un senso di fallimento.
Lontano dalle situazioni temute la persona riconosce come eccessiva la propria ansia e i propri timori come irragionevoli, ma non riesce comunque a farvi fronte quando è nel vivo della situazione. In quei momenti, nella nebbia mentale emergono soltanto le proprie convinzioni di scarsa efficacia relazionale. La forza di tali convinzioni è tale da guidare in maniera parziale la rappresentazione dell’altro e dei suoi pensieri. È impossibile allora pianificare l’azione: non resta che fuggire!
La fuga assume la forma di comportamenti di ricerca di sicurezza (ad esempio, evitare il contatto visivo o indossare un collo alto per impedire che si veda il collo arrossire) allo scopo di ridurre la frequenza dei sintomi che spaventano; oppure, dell’evitamento delle situazioni per ridurre la possibilità di essere notato e giudicato negativamente dagli altri.
Molte persone strutturano la propria vita attorno alla Fobia Sociale, incorporando l’evitamento in ogni aspetto della loro vita quotidiana, fino ad isolarsi completamente. L’isolamento alimenta il disturbo, poiché mantiene nel tempo il timore del giudizio negativo e l’ansia anticipatoria.
Il quadro descritto è talvolta complicato da un disturbo depressivo, secondario ai sentimenti cronici di insoddisfazione per sé e per la propria vita.
Timidezza e Fobia Sociale
L’inibizione comportamentale per le novità sociali, o timidezza, può essere presente nell’infanzia ed è abbastanza comune nell’adolescenza. A volte si mantiene fino all’età adulta. Ma non sempre si associa a una Fobia Sociale.
Le persone che non soffrono di Fobia Sociale, in genere, iniziano a preoccuparsi solo in prossimità della situazione, durante la quale diventano meno timide e ansiose e le volte successive trovano facile affrontarla. L’ansia cioè, non è opprimente e non porta ad evitarla.
Al contrario, le persone timide che soffrono di Fobia Sociale cominciano a preoccuparsi molto tempo prima, stanno peggio se rimangono nella situazione e la volta successiva ne saranno più intimorite.
Nella pratica clinica, si osserva che solo pochi individui timidi sviluppano una Fobia Sociale. In particolare, quelli con storia di esperienze sociali traumatiche (singole o ripetute), oppure quelli esposti ad ambienti familiari con caratteristiche specifiche. In questi ambienti è possibile che le prime difficoltà di relazione sociale del bambino timido suscitino nei genitori atteggiamenti di iperprotettività e ipercontrollo che, tuttavia, favoriscono lo strutturarsi di quei processi cognitivi ed emotivi che ritroveremo nell’adulto socio-fobico.
La Fobia Sociale e il Disturbo Evitante di Personalità
In molti casi di Fobia Sociale è presente anche uno stile evitante di personalità che, almeno in un quarto dei casi, si configura come vero e proprio Disturbo Evitante di Personalità (DEP).
La sovrapposizione tra i modi di pensiero dei due disturbi è notevole. Alla soglia del contatto con gli altri il DEP si sente inadeguato, ne teme il giudizio negativo, è inibito e prova emozioni di ansia e vergogna. Spesso ha un forte senso di inferiorità. Il DEP sperimenta un vuoto relazionale profondo che non riesce quasi a descriversi, ma che traduce in un senso di estraneità e di non appartenenza dal contesto. Vive con sfiducia la possibilità del contatto sociale per il timore di sentirsi umiliato una volta scoperta la sua inadeguatezza. La prospettiva del rifiuto è dolorosissima e preferisce evitare i rapporti con gli altri. Le cadute dell’autostima sono frequenti e con esse l’umore depresso.
Nel DEP questi vissuti sono più pervasivi e stabili nel tempo e il pattern di evitamento è decisamente più ampio rispetto alle persone con Fobia Sociale.
L’esordio, la prevalenza e il decorso
La Fobia Sociale esordisce solitamente nell’adolescenza, ma una minoranza non piccola di soggetti ne soffre fin dalla prima infanzia. È invece piuttosto raro l’esordio in età adulta.
Può svilupparsi in maniera lenta e insidiosa nella vita della persona, oppure rapidamente a seguito di un evento umiliante specifico (ad esempio, subire episodi di bullismo).
Le ricerche epidemiologiche e cliniche dell’ultimo decennio hanno rilevato una prevalenza nel corso della vita della Fobia Sociale compresa tra lo 0,5-2,3% nella maggior parte del mondo. I tassi di prevalenza tendono a diminuire con l’età.
È presente in tutte le culture, ma la sua incidenza e le sue manifestazioni variano molto. Questo dato potrebbe essere legato a differenze transculturali nelle aspettative legate ai ruoli sociali e sessuali, che influenzano la rilevazione della presenza o meno dei requisiti diagnostici.
Non si osservano differenze nei dati di prevalenza tra i due sessi.
La Fobia Sociale presenta un andamento persistente e tendente alla cronicizzazione. La sintomatologia può andare incontro a remissione parziale nel caso in cui gli eventi che lo attivano non siano più presenti, ma tenderà a ricomparire al ripresentarsi degli eventi d’innesco. Nello specifico, si stima che il 30% circa delle persone che ne soffrono sperimenta una remissione dei sintomi entro 1 anno, e circa il 50% sperimenta una remissione nel giro di pochi anni. In circa il 60% delle persone senza un trattamento specifico per il disturbo, il decorso ha una durata di diversi anni o anche maggiore.
È un disturbo a cui si associa una considerevole disabilità sociale e lavorativa, purtroppo spesso sottovalutata. Il grado di disabilità aumenta procedendo dalla forma di Fobia Sociale specifica a quella generalizzata, e peggiora drasticamente quando è in comorbilità con il Disturbo Evitante di Personalità.
Le cause
Sono diversi gli studi che hanno indagato i possibili fattori coinvolti nell’eziologia del disturbo. Tutti evidenziano la complessa interazione tra fattori genetici-ambientali-temperamentali.
Fattori genetici: alcuni studi recenti hanno chiarito che i fattori genetici spiegano il 50% circa della genesi di una Fobia Sociale e che questi, sono particolarmente importanti nella forma generalizzata. In particolare, è stato osservato che la presenza di una particolare variante del gene 5-HTTLPR è legata a un insieme di comportamenti che gli psicologi etichettano come timidezza;
Fattori ambientali: il 60% circa delle persone affette da Fobia Sociale riferisce esperienze sociali negative nella propria storia personale (per esempio, esperienze di umiliazione e disconferma sociale), mentre la parte restante di persone descrive uno stile genitoriale iperprotettivo (che ostacola la socializzazione), oppure uno stile improntato al criticismo e al perfezionismo (che sensibilizza al giudizio e all’approvazione). Queste esperienze però, non sembrano avere un ruolo causativo. Piuttosto debbono essere considerate fattori di rischio;
Fattori temperamentali: vi sono evidenze a favore dell’esistenza di tratti sottostanti che predispongono alla Fobia Sociale. Tra questi il più indagato è certamente l’inibizione comportamentale per le novità sociali o timidezza, che rifletterebbe un’ipotetica base biologica del comportamento timido.
In conclusione, i tratti temperamentali sono fortemente influenzati geneticamente e l’influenza genetica è soggetta all’interazione genotipo-ambiente.
La valutazione
Per ottenere un’adeguata comprensione del caso e pianificare le modalità dell’intervento, è necessario raccogliere tutte le informazioni utili a ricostruire il funzionamento del disturbo. Questo avviene attraverso:
-valutazione psicodiagnostica, che si avvale dell’impiego di una batteria di questionari auto ed etero somministrati;
-valutazione clinica: include la raccolta di informazioni anamnesiche, sull’esordio e sul decorso della sintomatologia;
-valutazione cognitiva e comportamentale: viene raccolta la storia dettagliata delle manifestazioni cognitive, fisiologiche e comportamentali relative all’ansia; i bias cognitivi e i malfunzionamenti metacognitivi che intervengono prima, durante e dopo l’esposizione; e viene accertato in che modo queste tre dimensioni sono collegate fra loro.
L’obiettivo principale di una valutazione approfondita è quello di disporre di tutte le informazioni utili all’organizzazione di un piano di lavoro condiviso e collaborativo tra terapeuta e paziente.
La cura
Gli elementi centrali della Fobia Sociale sono oggi ben definiti e per questo sono stati resi disponibili trattamenti sia psicologici che farmacologici. La combinazione dei due consente di ottenere un effetto sinergico, quando la Fobia Sociale è complicata dalla presenza di altri disturbi (ad esempio, Depressione Disturbo Evitante di Personalità) per i quali esistono farmacoterapie di comprovata efficacia.
In tutti i casi, il trattamento richiede molto impegno da parte del paziente: affrontare le situazioni temute provoca livelli elevati d’ansia e farlo sistematicamente può essere molto faticoso. Ma lo sforzo può essere ampiamente ripagato dalla possibilità di comprendere meglio il proprio disagio, attribuendo ad esso e non alle proprie incapacità le difficoltà sociali che ha incontrato nel corso del tempo.
La Psicoterapia Cognitivo Comportamentale
Come per gli altri disturbi d’ansia, i trattamenti per i quali vi sono le maggiori evidenze di efficacia sono quelli cognitivo comportamentali. È raccomandabile il trattamento integrato (mediante il ricorso a più tecniche) perché non è ancora possibile individuare strategie specifiche di trattamento per profili sintomatologici diversi.
In linea generale, il trattamento individuale consiste di:
-psicoeducazione: il terapeuta normalizza l’esperienza narrata educando la persona sulla natura dell’ansia e della vergogna, e condivide il modello cognitivo della Fobia sociale;
-ristrutturazione cognitiva: il terapeuta guida la persona verso una maggiore consapevolezza e successivamente verso la modificazione dei pensieri irrazionali e dei fattori di mantenimento del disturbo (ad esempio, bias e malfunzionamenti metacognitivi);
-pratiche di rilassamento e meditazione: il terapeuta insegna tecniche di rilassamento ed esercizi della mindfulness per modulare le proprie risposte emotive;
-intervento sui comportamenti protettivi e di evitamento: terapeuta e paziente discutono vantaggi e svantaggi dei comportamenti messi in atto;
-esposizione graduale: terapeuta e paziente redigono insieme una graduatoria di situazioni temute secondo un criterio di gravità crescente. Si invita quindi il paziente ad esporsi gradualmente, prima in un ambiente protetto e poi nella realtà. Questa tecnica consente di ridurre i sintomi fisiologici dell’ansia nelle situazioni temute e l’evitamento delle situazioni bersaglio;
-imagiry with rescripting: il terapeuta usa questa tecnica per modificare le esperienze socialmente traumatiche, quando presenti nella storia di vita del paziente. Consiste nell’immaginare la situazione di umiliazione o rifiuto cercando di riviverla pensando a un esito diverso da quello che si è avuto in passato;
-social skills training: è un programma d’intervento volto allo sviluppo e all’incremento delle competenze sociali, in un contesto protetto e controllato. Il programma ha tre obiettivi principali:
1. aumentare la consapevolezza dell’ambiente sociale;
2. migliorare le abilità d’interazione;
3. sviluppare alcune capacità, come riuscire a condurre una comunicazione in modo assertivo,
e prevede l’impiego di tecniche di esposizione e desensibilizzazione, il ricorso a simulazioni (o role playing) e dimostrazioni pratiche (modeling) del comportamento sociale adeguato;
-chiusura e prevenzione delle ricadute.
Il trattamento individuale, quando è possibile, può essere associato al percorso di gruppo per l’acquisizione di tecniche di gestione dell’interazione sociale. Molte persone reagiscono, comprensibilmente, con ansia alla prospettiva di partecipare al gruppo. È però importante precisare che questo offre una facile opportunità di esperienze di esposizione, a volte difficili da attuare nel trattamento individuale (ad esempio, parlare in pubblico). Consente di effettuare prestazioni osservati da altri, ricevendo un’utilissima influenza positiva dei pari. Peraltro per alcuni, può rappresentare la prima occasione di incontrarsi con altre persone che soffrono dello stesso disturbo, scoprendo quindi di non essere soli.
La Farmacoterapia
Il trattamento farmacologico si basa principalmente sull’uso di SSRI e Venlafaxina. Il tempo necessario per osservare una risposta clinica può essere maggiore rispetto a quello osservato per altri Disturbi, ad esempio per la Depressione, ma si apprezza nel 40-70% dei casi, dopo circa 8-12 settimane dall’inizio del trattamento. Questi farmaci permettono anche di trattare eventuali patologie concomitanti, quali la Depressione e l’Ansia Generalizzata e il loro uso deve essere protratto almeno per 6-12 mesi al fine di ridurre il rischio di recidiva.
In alcuni casi, per fronteggiare l’ansia da prestazione, possono essere usate le benzodiazepine o in alternativa i bloccanti β adrenergici che hanno però un’azione puramente sintomatica agendo su: tremori, tachicardia e tensione.
Riferimenti
Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali. DSM-5. APA (2014). Raffaello Cortina Editore.
Trattamento dei disturbi d’ansia. Guide per il clinico e manuale per chi soffre del disturbo. G.Andrews, M.Creamer, R.Crino, C.Hunt, L.Lampe, A.Page (2003). Centro Scientifico Editore.
I protocolli clinici della terapia cognitivo-comportamentale. Carmelo La Mela (2016). Maddali e Bruni.
Ansia e Ritiro Sociale. Valutazione e trattamento. M.Procacci, R.Popolo, N.Marsigli. Raffaello Cortina Editore.
I Disturbi di Personalità. Modelli e trattamento. G.Dimaggio, A.Semerari. Editori Laterza.
Letture consigliate
Fobia Sociale. Manuale per chi soffre del Disturbo. G. Andrews .Torino: Centro Scientifico Editore (2004)
La Paura degli Altri. J. Marshal. Editore TEA (2002)
Rossori e Timidezze: come superare il problema. Edelman R. Editori Riuniti (2001)
L’autoterapia razionale emotiva. A.Ellis. Edizioni Erickson (1993)
Penso dunque mi sento meglio. D.Greenberg, C.Padesky. Edizioni Erickson (1998)
Come vincere l’ansia sociale. A.S. Dayhoff. Edizioni Erickson (2002)
Stop all’Ansia Sociale. Strategie per affrontare e gestire la timidezza. N.Marsigli. Erickson (2019)
Film consigliati
Nerve, 2016 – di H. Joost e A. Shulman
Medianeras,2011 – di G. Taretto
Il discorso del re – King’s speech, 2010 – di Tom Hooper
Zelig, 1983 – di Woody Allen
Scoprendo Forrester, 2000 – di Gus van Sant
Quel che resta del giorno, 1993 – di James Ivory
La migliore offerta, 2013 – di Giuseppe Tornatore
Siti Internet consigliati
AIDAS – Associazione Italiana Disturbo d’Ansia Sociale www.aidas.it