“Beatrice è una donna di 39 anni, single, dedita alla sua professione di avvocato che racconta di coltivare da sempre con serietà e passione. Si descrive come una persona “precisa e apprensiva sin da ragazzina”, e racconta che questo le viene riconosciuto da sempre anche in famiglia. Per anni è stata disturbata da preoccupazioni di vario genere. Recentemente, si è preoccupata molto per lo stato di salute dei genitori, anche sensibilizzata dal fatto che il padre ha sofferto, diversi anni prima di una malattia che l’ha portato a ripetute ospedalizzazioni.
Riferisce che “… da allora li chiamo tutte le sere, per rassicurarmi che stiano bene entrambi. Inflessioni nel tono della loro voce, o un atteggiamento sbrigativo durante la telefonata mi fa temere che stiano male ma che me lo stiano nascondendo perché sanno che mi preoccupo”.
Ha avuto una lunga relazione sentimentale, naufragata anche a causa del suo ipercontrollo: “…sono sempre stata molto attenta a lui, ma da quando mio papà è stato male ho iniziato a temere che qualcosa di brutto potesse accadere anche a lui. Lo chiamavo in continuazione, per sapere dove si trovasse e come stesse. Quando usciva dal lavoro gli chiedevo di trascorre il viaggio di rientro a casa al telefono con me, perché solo così potevo tollerare l’attesa”.
Le relazioni amicali sono stabili e profonde, ma vissute con interrogativi laceranti del tipo “… quanto è stato giusto che le abbia detto così piuttosto che colà … forse avrei dovuto tacere. E se c’è rimasta male e decide di interrompere l’amicizia”. Ultimamente, anche il lavoro si accompagna a preoccupazioni ricorrenti sulla bontà o meno del suo operato, sulle conseguenze disastrose dei suoi errori, presunti o reali, e sul giudizio che gli altri colleghi avrebbero di lei.
Beatrice racconta di sentirsi con i nervi a fior di pelle e agitata per la maggior parte della giornata. La notte riesce ad addormentarsi senza difficoltà sfinita dai pensieri ma la mattina il risveglio è precoce e la mente già sovraffollata di preoccupazioni. Riporta molta stanchezza fisica e un generale rallentamento nell’esecuzione delle attività di vita quotidiana.”
Caratteristiche chiave del Disturbo d’Ansia Generalizzato sono la presenza di uno stato d’ansia costante e di una preoccupazione eccessiva che può riguardare diverse aree tematiche, principalmente la propria famiglia, il denaro, il lavoro e la salute personale.
La preoccupazione è sproporzionata rispetto all’evento temuto, pervasiva e difficilmente controllabile. Può essere innescata da eventi banali, che vengono però valutati dalla persona come fonti possibili di conseguenze drammatiche.
Ora, va precisato che se anche la preoccupazione è un processo cognitivo normale, nel Disturbo d’Ansia Generalizzato diventa patologica perché è usata come strategia di adattamento ai fattori scatenanti l’ansia.
Chi ne soffre racconta, infatti, l’esperienza dolorosa di “non riuscire a fare a meno di preoccuparsi”. Oltre la metà della giornata tipo di queste persone trascorre immersa nel preoccuparsi, e la maggior parte di loro (oltre il 90%) riconosce di preoccuparsi eccessivamente per cose di secondaria importanza.
Se questo accade è anche per la valenza assegnata implicitamente all’attività del preoccuparsi: cioè, il preoccuparsi preparerebbe agli eventi catastrofici prima ancora che si verifichino (es., “Mi preoccupo così se le cose vanno storte non resterò deluso”) o, addirittura, permetterebbe di prevenire ciò che si teme (“Se mi preoccupo nulla di brutto accadrà ai miei cari”) o, ancora, aiuterebbe a controllare l’ansia.
E se, nonostante la rinuncia alla preoccupazione, l’evento temuto non si verificasse mai? Un quesito inverificabile per chi fa i conti con questo disturbo. Soltanto la certezza assoluta dell’impossibilità che si avveri lo scenario temuto è vista come accettabile per tranquillizzarsi. È proprio l’intolleranza all’incertezza un altro elemento specifico del Disturbo d’Ansia Generalizzato ch condiziona lo stile di pensiero tipico di chi ne soffre portandole a domandarsi costantemente “e se…?”.
In una spirale logorante di pensieri subentra poi la preoccupazione per il fatto di avere delle preoccupazioni, che si esplicita in pensieri del tipo: “Starò male o impazzirò se continuerò a preoccuparmi così”.
L’ansia e la preoccupazione sono solitamente accompagnate da almeno tre dei seguenti sintomi:
-irrequietezza o sensazioni di agitazione o tensione (“sentirsi tesi”, con “i nervi a fior di pelle”);
-facile affaticamento;
-difficoltà di concentrazione o vuoti di memoria;
-irritabilità;
-tensione muscolare o contratture muscolari, muscoli tesi a volte doloranti;
-disturbi del sonno (difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno, sonno non ristoratore).
Nella maggior parte dei casi, la persona tenderà a mettere in atto una serie di comportamenti con l’obiettivo di lenire l’ansia. Alcuni esempi sono:
-cercare di rassicurarsi o chiedere agli altri di essere rassicurato che le cose andranno bene
-essere perfezionisti,
-evitare le situazioni che si ritiene generino ansia,
-rinviare,
-tentare attivamente di sopprimere la preoccupazione.
Tutti questi comportamenti aiutano ad attenuare l’ansia nel breve termine ma, nel lungo tempo, contribuiscono a mantenere e rafforzare il disturbo.
In questo modo, l’ansia si aggrava e le difficoltà nella vita quotidiana aumentano. Con la mente sovraffollata di pensieri negativistici – intensi e disturbanti – e un livello d’ansia troppo elevato la persona fatica a concentrarsi su qualsiasi compito. Ciò comporta una compromissione del funzionamento lavorativo e sociale. Il senso di efficacia personale e la stima di sé diminuiscono. Frustrazione e stato di abbattimento cronici sono l’epilogo inevitabile. Episodi depressivi ricorrenti si registrano sistematicamente nella vita di queste persone. A volte ricorrono all’abuso di sostanze psicoattive (ad esempio, farmaci o droghe) nel tentativo disperato di gestire il disturbo stesso e la depressione che subentra.
L’esordio, la prevalenza e il decorso
L’età media d’insorgenza del disturbo è di 30 anni, ma la maggior parte delle persone riferisce di essersi sentita ansiosa per tutta la vita. Proprio per questa ragione, molti considerano lo stato ansioso che li accompagna come una caratteristica della loro personalità, piuttosto che un disturbo vero e proprio.
È un disturbo abbastanza frequente, soprattutto tra le donne. La prevalenza a 12 mesi è dello 0,9% tra gli adolescenti e del 2,9% tra gli adulti.
Le manifestazioni sintomatologiche restano abbastanza costanti durante l’arco di vita. Le differenze principali tra le fasce di età riguardano sostanzialmente l’intensità dei sintomi, che oscillano solitamente in risposta a eventi stressanti; e il contenuto delle preoccupazioni, che tendono ad essere coerenti con l’età.
I tassi di remissione spontanea sono molto bassi. È infatti un disturbo che tende a cronicizzarsi se non curato.
Le cause
Le cause del Disturbo d’Ansia generalizzato sono diverse e non del tutto comprese. Così come per molti disturbi psichici, anche per il GAD si parla di disturbo a genesi multifattoriale. Questo significa che al suo sviluppo concorrono fattori biologici, ambientali e temperamentali. Vediamoli:
-fattori genetici: un terzo del rischio di soffrire di Disturbo d’Ansia Generalizzato è genetico. Il fattore genetico si sovrappone al rischio di nevroticismo e si è visto che entrambi sottendono la genesi altri disturbi d’ansia e dell’umore, in particolare il disturbo depressivo maggiore;
-fattori ambientali: stress elevati associati a cambiamenti di vita significativi (in senso negativo così come in senso positivo) possono minacciare la nostra capacità di adattamento e rappresentare un fattore facilitante l’esordio del disturbo;
-fattori temperamentali: l’inibizione comportamentale, l’affettività negativa (nevroticismo) e l’evitamento sono alcuni dei fattori temperamentali individuati. Non è ancora chiaro quanto costituisca un fattore di rischio, ma altrettanto importante risulta lo stile educativo genitoriale. E’ stato osservato, infatti, che i genitori ipercontrollanti e iperprotettivi possono far percepire ai loro figli il mondo come pericoloso, favorendo così una tendenza a interpretare automaticamente come minaccioso tutto ciò che succede.
La valutazione
Per ottenere un’adeguata comprensione del caso e pianificare le modalità dell’intervento, è necessario raccogliere tutte le informazioni utili a ricostruire il funzionamento del disturbo. Questo avviene attraverso:
-valutazione psicodiagnostica, che si avvale dell’impiego di una batteria di questionari auto ed etero somministrati;
-valutazione clinica: include la raccolta di informazioni anamnesiche, sull’esordio e sul decorso della sintomatologia;
-valutazione cognitiva e comportamentale, che consente di identificare i fattori scatenanti, le preoccupazioni e le strategie di coping messe in atto per gestire l’ansia.
La cura
La cura del Disturbo d’Ansia Generalizzato prevede in genere due percorsi terapeutici differenti, la psicoterapia e la terapia psicofarmacologica, condotti in modo integrato fino alla risoluzione completa dei sintomi. L’obiettivo principale della cura è sempre la riduzione della compromissione che deriva sia dai sintomi cognitivi sia da quelli somatici dell’ansia.
Le persone si rivolgono al clinico formulando una richiesta di aiuto generalmente dopo aver sofferto per anni , a volte per la maggior parte della loro vita. Spesso considerano permanenti le loro difficoltà, se non addirittura parte integrante della loro personalità. Mesi o anni di scomoda convivenza con l’ansia generalizzata possono scoraggiare e rendere pessimisti sulla possibilità di cambiare. È bene sapere che cambiamenti nel modo usuale di pensare e di reagire sono invece possibili! È però importante ricordare che chi intraprende il percorso di cura deve assumersi la responsabilità del cambiamento, adoperandosi attivamente per lo stesso, in un cammino di cooperazione col terapeuta.
La Psicoterapia Cognitivo Comportamentale
La psicoterapia ad indirizzo cognitivo comportamentale è tra le più efficaci e caldamente raccomandabile. Si articola in:
-concettualizzazione del disturbo e condivisione col paziente: si analizza un episodio critico e recente e lo si ricostruisce alla luce del modello cognitivo comportamentale (stimolo, preoccupazione attivata, convinzioni sulla preoccupazione, emozione e comportamenti attuati):
-psicoeducazione: che ha lo scopo di aumentare la conoscenza del disturbo in chi ne soffre, del meccanismo alla base dell’ansia e dei suoi meccanismi di mantenimento;
-automonitoraggio: mediante l’impiego di homework si aiuta la persona a sviluppare una migliore consapevolezza dell’incidenza e dell’impatto di specifiche rappresentazioni mentali catastrofiche;
-insegnamento di tecniche di rilassamento: per interrompere il processo di auto alimentazione dell’ansia e abbassare lo stato di tensione generale;
-ristrutturazione cognitiva: durante la quale vengono analizzati i principali errori di ragionamento che sostengono il disturbo (ad esempio, la sovrastima del rischio, la catastrofizzazione e la visione dicotomica “tutto o nulla”);
-trattamento del rimuginìo; in cui vengono discusse e confutate le credenze disfunzionali che sostengono il rimuginio;
-esposizione e tecniche comportamentali sul rimuginìo e il problem solving: in cui l’obiettivo è quello di guidare la persona a esperire ed elaborare la preoccupazione senza ricorrere ai comportamenti disadattavi tipici. In seconda battuta, il terapeuta l’aiuta a concentrarsi sugli aspetti pratici di un problema quando si presenta, imparando a distinguere i problemi che richiedono una soluzione immediata da quelli lontani nel tempo o che difficilmente si presenteranno. Vengono infine passate a rassegna strategie alternative di coping;
-prevenzione delle ricadute e pianificazione degli incontri di follow up, allo scopo di monitorare e sostenere la stabilità del risultato raggiunto.
Farmacoterapia
Le Linee Guida (CANMAT, NICE, BAP) concordano sull’uso come farmaci di prima scelta nel trattamento del Disturbo d’Ansia Generalizzata degli SSRI (Inibitori della Ricaptazione della Serotonina): Citalopram, Escitalopram, Fluoxetina, Paroxetina, Sertralina e degli SNRI (Inibitori della Ricaptazione della Serotonina e della Noradrenalina): Venlafaxina e Duloxetina.
In alternativa, alcune Linee Guida (NICE, BAP) suggeriscono l’uso del Trazodone, un antidepressivo che potenzia l’attività serotoninergica e blocca i recettori H1 per l’istamina, con conseguente azione ansiolitica e sedativa o del Pregabalin, un antiepilettico che agisce entro una settimana sui sintomi ansiosi e che può essere usato in monoterapia o in associazione a un antidepressivo.
Nei casi resistenti più complessi si può aggiungere al trattamento antidepressivo un antipsicotico atipico (Risperidone, Olanzapina, Aripiprazolo).
Questi trattamenti devono essere portati avanti per un periodo di almeno 12-18 mesi dopo la remissione dei sintomi, al fine di ridurre il rischio di ricaduta.
Riferimenti
Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali. DSM-5. APA (2014). Raffaello Cortina Editore.
Trattamento dei disturbi d’ansia. Guide per il clinico e manuale per chi soffre del disturbo. G.Andrews, M.Creamer, R.Crino, C.Hunt, L.Lampe, A.Page (2003). Centro Scientifico Editore.
I protocolli clinici della terapia cognitivo-comportamentale. Carmelo La Mela (2016). Maddali e Bruni.
Letture consigliate
Disturbo d’Ansia Generalizzato. Manuale per chi soffre del disturbo. G.Andrews, M. Creamer, R. Crino, C.Hunt, L.Lampe, A.Page. Centro Scientifico Editore (2004)
Film consigliati
Safe, 1995 – di Todd Haynes
La donna senza testa, 2008 – di Lucrezia Martel
Provaci ancora Sam, 1972 – di Herbert Ross
Manhattan, 1979 – di Woody Allen
Hannah e le sue sorelle, 1986 – di Woody Allen
Harry a pezzi del 1997 – di Woody Allen
Scoop, 2006 – di Woody Allen
Io e Annie, 1977 – di Woody Allen
Siti Internet consigliati
CETRADA – Centro Trattamento Disturbi d’Ansia: http://www.cetrada.it
ECOMIND – Salute Mentale, Autoaiuto e Sviluppo personale: https://ecomind.online/
LIDAP – Lega Italiana Disturbo attacchi di Panico: http://www.lidap.it